Il bullo mancato
L’adolescenza è connotata da una serie innumerevole di cambiamenti. Gli adulti non sanno riconoscere emotivamente la natura fisiologica di queste trasformazioni, spesso le confondono con slanci di ribellione o stravaganze, e per, questo motivo, non mettono in atto comportamenti idonei a favorire nei propri figli un agevole transito verso l’adultità.
Le modificazioni che avvengono a livello corporeo possono provocare distorsioni a livello percettivo, tanto che, in alcuni casi, si può verificare “dismorfofobia”, vale a dire la sensazione che il proprio corpo presenti delle anomalie. Questo fenomeno si manifesta con la dismetria di valutazione cioè la sensazione di sentire i propri organi come difformi e quindi di conseguenza percepirsi strani, brutti, anormali. Si può facilmente comprendere come tutto ciò comporti un difficile rapporto con la propria corporeità e quindi l’insorgenza di ansie e timori. Va detto poi che le immagini trasmesse dai mass media ,di uomini e donne dai fisici perfetti e statuari, non aiutano a sanare questo processo, al contrario, generano un meccanismo ancor più perverso di distorsione della propria immagine, fino a determinare, nei casi più estremi, problematiche di anoressia o bigoressia.
Cerchiamo di capire che, nel lungo periodo di passaggio dalla età infantile a quella adulta, i ragazzi vivono innumerevoli disagi che sono essenzialmente legati a due fattori fondamentali , l’immagine corporea e il ruolo sociale; che da questi poi si diramano in varie direzioni generando tutta una serie di problematiche disorientanti. L’immagine corporea non è più quella infantile, ma non è nemmeno propriamente adulta ; lo stesso dicasi per il ruolo sociale. Perché diciamolo, la società non prevede un posto definito per questi individui che non sono né bambini né adulti e, in definitiva, li condanna a quella che viene chiamata “marginalità sociale”.
È proprio questo ‘limbo’ che può generare gli atteggiamenti, i più svariati possibile, come spesso riscontriamo negli adolescenti. Allora potremo incontrare il ragazzo molto aggressivo , pieno di sé. Oppure talvolta il disagio può sfociare in forme di opposizione sociale e falsamente trasgressive come le fughe, i furti, gli abusi. Altre volte ancora si può incorrere in forme depressive, con disturbi psicologici.
Ai suoi albori l’adolescenza può essere considerata come il picco dei comportamenti antisociali, che dovrebbero poi scomparire intorno ai 18/20 anni di età. Soltanto un’esigua parte passa dalla devianza alla criminalità, ma si tratta generalmente di ragazzi che manifestano precocemente comportamenti criminali.
Per lo più si tratta di soggetti con famiglie incoerenti, e /o bambini che sono stati rifiutati dai coetanei nei primissimi periodi di scolarizzazione. Dobbiamo dire che la devianza minorile ha un suo preciso significato comunicativo, cioè attraverso un certo tipo di comportamenti l’adolescente invia messaggi relativi al suo sistema di attribuzione di significati. Questo avviene perché costoro sono alla ricerca di una personale identità, identità che troveranno solo sperimentando alternative esistenziali possibili, solo esplorandole ed impegnandosi in seguito in una di esse. Devono preparare degli strumenti e dei metodi per rapportarsi all’altro, costruire una propria identità separatamente dai genitori e pianificare un apparato emotivo-cognitivo per la propria adultità.
Scusate se è poco!
Molto spesso questi adolescenti si sentono soli. Persi nel mondo della virtualità, si disperdono nel mare irreale dei navigatori di Internet e non si ritrovano più.
Talvolta questi ragazzini manifestano comportamenti prepotenti e aggressivi. Parlano male dei loro compagni di scuola o dicono cose cattive, volutamente offensive, insomma si comportano da veri bulletti. In genere siamo portati a pensare che i bulli siano ragazzi cattivi, privi di empatia, che vogliono dimostrare pubblicamente la loro forza e si accaniscono sui soggetti più deboli del gruppo.
Non è sempre così. Non esistono bambini cattivi. Molto spesso il fenomeno è legato a bassi livelli di tolleranza e dinamiche di gruppo distorte. Ho accennato prima al discorso sulla “marginalità sociale” che provano gli adolescenti nel loro limbo indefinito tra infanzia e adultità.
In questo delicato momento spetta ai genitori aiutarli a non perdere la bussola , a trovare un orientamento nel grande caos disorientante della loro età, a non farli smarrire nelle enormi contraddizioni del loro tempo, anche lasciandogli spazi di autonomia costruttiva. Ma proprio la marginalità sociale li spinge a cercare nel gruppo dei pari il sostegno sociale tanto agognato.
Far parte di un gruppo significa appagare quel senso di appartenenza originario che è profondamente radicato nell’animo umano, pena, uno stato di ansia che appunto viene definito ‘Ansia sociale’.
Non sentirsi accettati dal gruppo o esserne esclusi è molto doloroso. Addirittura è stato provato che l’esclusone può comportare sofferenze fisiche quali emicrania, mal di stomaco, depressione.
Dobbiamo sforzarci sempre di comprendere cosa c’è dietro ogni comportamento.
Qui diventa necessario soffermarsi sull’importanza dell’ascolto e dell’empatia (per questo argomento vi riporto al mio articolo https://www.sevensalerno.it/2020/05/11/quando-ascoltare-non-e-solo-sentire/), in quanto talvolta comportamenti dispettosi, arroganti, se non addirittura aggressivi, nascondono la sofferenza di chi si sente escluso da un gruppo di coetanei di cui invece vorrebbe far parte. Incontrarsi in chiave empatica e disponibile è preferibile a scelte punitive e giudicanti.
Questo è un tasto fondamentale per aiutare gli insegnanti a comprendere la natura di certi atteggiamenti e prevedere interventi che possono risultare assolutamente fondamentali al fine di prevenire forme di bullismo che non si sa fino a che punto possano degenerare. Un’educazione che mira a rafforzare la tolleranza è sicuramente la strada vincente per prevenire il bullismo. Affermare le differenze come elemento di arricchimento piuttosto che di disprezzo è un punto cruciale per aiutare a comprendere come siamo tutti differenti, complessi ,diversamente talentuosi, ma tutti “meravigliosamente imperfetti”!
Ognuno di noi riesce in contesti diversi, perché non siamo tutti uguali e, fortunatamente, abbiamo bagagli culturali, sociali religiosi e familiari misti, e va bene così, perché diverso non vuol dire migliore o peggiore , semplicemente umano. Non ritengo sia impossibile creare un ambiente migliore a scuola. Semplicemente i bambini devono essere aiutati a percorrere quei passi fondamentali che li porteranno, serenamente, ad acquisire gli strumenti essenziali per costruire la loro identità di persone nel rispetto e nella dignità che meritano. Aiutiamoli a capire che aiutarsi a vicenda rafforza il senso di appartenenza e comporta anche il coraggio di combattere tutti insieme contro ciò che è sbagliato.
Aiutiamoli a comprendere l’importanza di collaborare con gli altri anziché competere l’uno contro l’altro. Preveniamo i problemi prima che siano troppo difficili da gestire. In questo modo vedremo calare sicuramente i fenomeni di bullismo con effetti positivi davvero sorprendenti.
A scuola si possono adoperare molteplici strumenti e metodi per diagnosticare lo stato di benessere generale in cui verte la classe. Attraverso dei questionari, in cui si invita i bambini a comunicare le proprie emozioni e i propri stati d’animo.
Oppure con il Role Play, cioè scambio di ruolo, in cui possono confrontarsi con situazioni conflittuali e comprendere anche il punto di vista “altro”. Bisogna trovare sempre le occasioni per invitarli a parlare, a discutere, comunicare, ascoltare. I ragazzi devono ampliare la visuale, modificare la prospettiva.
A volte, uno sguardo ‘diversamente orientato’ può fare la differenza e risultare la strategia ottimale per gestire situazioni difficili o conflittuali, e condurci, felicemente, alla soluzione dei problemi.
Sonia Sellitto
Pedagogista, Formatore, progettista europeo, esperto in disagio adolescenziale