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I tre pilastri per il nuovo governo: politiche giovanili, patrimonio culturale e innovazione

Intervista a Sergio Ferdinandi , archeologo e giurista

9 settembre 2022

Si è conclusa da poche settimane una delle più importanti missioni
archeologiche del panorama internazionale che lei ha diretto (Missione archeologica internazionale di Aruch
e dell’incastellamento della Via della Seta ( https://silkroad.missionearcheologica.it).
Qual è il bilancio di questa prima campagna?
Il bilancio è ottimo. La missione, organizzata in pochi mesi ha dato grandi
sorprese e soddisfazioni in termini di risultato scientifico. Si tratta di un
progetto frutto di una intesa tra l’ISMEO e l’Institute of Archaeology and
Etnography of the National Academy of Sciences of the Republic of Armenia,
riconosciuto dalla Farnesina e sostenuto da partner come Il Sole 24 ore, Poste Italiane, Canon, Isweb, Weblive, Nextbites, Iet, Noema e Italian Digital Revolution. La Missione indaga, attraverso lo studio dell’incastellamento delle
regioni caucasiche, l’evoluzione storica della cosiddetta Via della Seta
all’interno dei sistemi di connettività a lunga percorrenza dell’Eurasia tardo-antica e medievale, sia sotto il profilo commerciale che militare. Alle attività di survey si è affiancata l’indagine stratigrafica dei complessi fortificati e
chiesastici della località di Aruch posizionata lungo la strada tra le due più importanti capitali storiche dell’Armenia medievale Dvin e Ani, nonché nell’area archeologica di Shamiram, città fondata dalla leggendaria regina Semiramide.
La felice sinergia che si è creata con il mondo accademico
armeno promette un’intensificazione delle attività nel corso dei prossimi anni
con la prosecuzione delle campagne già avviate, ma anche ulteriori progetti di
ricerca, con il coinvolgimento di numerosi giovani studiosi provenienti da
università italiane e straniere.
Inoltre, la Via della Seta rappresenta un
patrimonio della cultura mondiale di inestimabile valore il cui studio si presta
al coinvolgimento di aziende italiane interessate a investire nella promozione
dell’immagine del Paese e del
made in Italy.
Negli anni 2018-2019, come Capo di Gabinetto del Ministro della
Pubblica Amministrazione, lei è stato artefice di un’importante
rivoluzione che, ben prima del PNNR, ha posto concrete basi per il
rilancio la Pubblica amministrazione italiana. Tale processo si è
concretizzato anche, ma non solamente, attraverso l’innovativo varo di
un massiccio piano assunzionale. Particolare attenzione è stata
riservata al Ministero della Cultura; perché una così puntuale
attenzione verso questo settore?
Premetto che ciò è stato possibile grazie ad un Ministro dello spessore di
Giulia Bongiorno, cui non è stato adeguatamente riconosciuto il notevole e
fondamentale lavoro di superamento dell’anacronistico meccanismo del
turn-over, pietra angolare del rilancio della PA, del quale hanno beneficiato, senza peraltro coglierne appieno le potenzialità, i Governi successivi, nonostante
l’inattesa iniezione di risorse finanziarie intervenute col PNRR. Il progetto,
come concepito e realizzato era quello di intervenire su tutti i gangli della
macchina pubblica, dove dopo un quarto di secolo di blocchi e tagli e anni di
becera campagna di demonizzazione e discutibile gestione avevano
manifestato disfunzioni in termine di organizzazione e competenze,
lottizzazione di poltrone, nonché un grave depauperamento del capitale
umano, con inevitabili ricadute nel servizio reso ai cittadini. In quei mesi
siamo intervenuti in tutti i settori del pubblico impiego, dalla sanità, ai
trasporti, dalla difesa alla scuola. Confesso, tuttavia, che anche in
considerazione della mia formazione archeologica e il mio vissuto, ho dedicato
una particolare attenzione al dicastero della cultura che si trovava in una
situazione di drammatica difficoltà. Il nostro sistema universitario è spesso al
centro di polemiche, tuttavia, riesce a mantenere un altissimo livello
formativo. Solo una piccola parte dei nostri laureati riesce a trovare impieghi
afferenti ai percorsi di studio intrapresi (questo apre il doloroso capitolo
dell’espatrio delle nostre migliori risorse professionali) e ciò è particolarmente
drammatico per le materie umanistiche nonostante il patrimonio di cui
disponiamo. Le disfunzioni causate da uno scriteriato contingentamento delle
risorse lavorative attuato dai governi che si sono succeduti negli ultimi
decenni hanno, come facilmente prevedibile, portato ad una elevatissima età
media del personale, collocato a riposo senza che potesse trasferire le
competenze maturate in settori come ad esempio quello archivistico, librario,
restauro, archeologico, etc…un sapere che il mondo intero ci invidia. Sono
onorato di aver contribuito ad invertire la rotta in un’ottica di rilancio e
corretta transizione generazionale oltre che digitale. Purtroppo, un lavoro così
ben avviato non è stato perseguito con la stessa visione e determinazione dai
Governi che sono seguiti; si tratta di riprendere le fila di un progetto e molto
resta ancora da fare a partire dal riuscire a far riappropriare il nostro
personale pubblico della dignità della propria missione istituzionale al servizio
della Nazione.
Quali sono le nuove frontiere della ricerca e valorizzazione del nostro
immenso patrimonio culturale, anche alla luce delle innovazioni
digitali?
Il progetto di ricerca della missione archeologica in Armenia contiene già
importanti indicatori dell’impiego di strumentazioni di alta tecnologia digitale
attraverso l’uso di droni, stampanti 3d, foto restituzioni, etc…l’impiego delle
moderne tecnologie digitali deve essere estensivamente utilizzato nei vari
settori della ricerca contribuendo ad offrire prospettive e letture di situazioni
e manufatti del tutto innovative. Analogamente, maggiore impulso deve essere
dato alla digitalizzazione del nostro patrimonio librario ed archivistico, non
solamente in chiave di preservazione ma per offrire strumenti di lavoro ai
ricercatori e di fruizione al grande pubblico la cui domanda in tale direzione si
è esponenzialmente accresciuta nel periodo di emergenza pandemica. Un
ruolo importante potrà avere in questa direzione il metaverso applicato al
mondo della cultura. Si tratta della fortunata definizione coniata nel 1995
dallo scrittore Neal Stephenson per definire il cosiddetto spatial computing, ovvero una nuova dimensione del computing e del pensiero informatico dove le funzioni del computer stesso vengono spazializzate.
Redazione

Maria Rosaria Voccia

Giornalista, editore e direttore responsabile di www.sevensalerno.it e di www.7network.it. Storico dell'Arte, sono cittadina del mondo, amo la vita, l'arte, il mare, i gatti... Esperta in giornalismo eco ambientale, tecnico di ingegneria naturalistica, autrice del Format Campania in Fiamme: Criticità & Proposte, mi impegno nelle e per le campagne eco ambientaliste perché desidero un mondo migliore, per noi e per i nostri figli. Sono progettista culturale, ideatrice di Format, organizzatrice e curatrice di eventi.

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