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Sardegna: incendi boschivi, il telerilevamento andava bene. Arriva la sentenza

Il comunicato stampa della Rete Nazionale Basta Incendi

5 giugno 2022

Due sentenze, la prima del tribunale di Cagliari datata 20 novembre 2018 e la seconda recentemente della suprema Corte di Appello sempre di Cagliari del 18 maggio 2022, hanno aperto una voragine di incompetenza e di profanazione verso la tutela e la custodia di beni pubblici nella quale è precipitata la regione Sardegna.

Per quest’ultimo aspetto si rasenta l’incoscienza: una deliberazione del dicembre del 2020 mentre era in atto il processo di Appello la Giunta Regionale su proposta dell’Assessore della difesa dell’ambiente con il parere del corpo forestale regionale impegna la Selex spa, una società del monitoraggio, a smantellare opere  e attrezzature presso i siti PPA (punti periferici di avvistamento) e COL (centri operativi locali) in particolare tralicci, postazioni elettroniche e consolle presso gli uffici, tutte opere strategiche funzionali alla prevenzione e lotta agli incendi boschivi.

Due sentenze inappellabili che hanno sancito due condanne che rappresentano una disfatta clamorosa per la Regione Sardegna non tanto per la disputa giudiziaria persa sul terreno del diritto nei confronti della Commissione di Collaudo quanto sulle conseguenze cui vanno  incontro gli attori regionali, politici e tecnici, che hanno favorito la disputa di cui si poteva fare a meno i quali invece di preoccuparsi di dotare il territorio regionale di quelle opere di monitoraggio ambientale che erano state realizzate con rilevanti finanziamenti hanno preferito demolirle o ignorarle causando ingenti danni all’ambiente e alla collettività.

Stiamo parlando di un progetto articolato e complesso del costo di 30 miliardi di vecchie lire, finanziato ai sensi della legge 38/90, predisposto dalla Regione Sardegna e approvato dagli organi regionali e da una Commissione Interministeriale in data 23 ottobre del 1991 al fine di dotare il territorio regionale di impianti e tecnologie adeguate e moderne per contrastare il grave fenomeno degli incendi boschivi che in Sardegna assumevano e assumono carattere di emergenza ambientale.

Le fasi strutturali degli impianti previsti in progetto e affidate a società specializzate di rango nazionale, che hanno richiesto metodologie applicative complesse sia per la dinamica e la sperimentazione del sistema che per l’orografia del territorio, hanno riguardato numerose stazioni di comando e controllo nei capoluoghi di provincia e di avvistamento dislocate sul territorio dell’intera regione sulle quali vi è stato un controllo continuo anche e soprattutto della commissione di collaudo, del comitato di vigilanza e della direzione lavori.

La commissione di collaudo nominata dalla Regione dopo ripetuti e rigorosi accertamenti e numerosi incontri a livello istituzionale e operativo completava la propria attività in data 30 novembre 2007 producendo copiosa documentazione con la relazione finale e il certificato di collaudo. Successivamente, in data 11 gennaio 2008, dopo un mese circa, rendeva il parere sulle numerose riserve apposte al collaudo dall’impresa, proponendo di respingerle interamente, aspetto non trascurabile a significare la trasparenza dell’operato.

Qui viene fuori il momento e il fatto più sconcertante: nel momento in cui doveva e poteva avviarsi l’attività di controllo con sensori e telecamere installate sui tralicci delle postazioni periferiche che si interfacciavano con i centri operativi provinciali e regionali al fine di contrastare il fenomeno degli incendi che in Sardegna costituisce un elemento di grave perturbazione dell’equilibrio naturale e forestale, il direttore del Servizio del Corpo forestale regionale, Carlo Masnata, con motivazioni prive di presupposti giuridici, a volte anche gravi e offensive, decideva di respingere la relazione di collaudo, VANIFICANDO, con assurda e inaudita concertazione con gli organi politici e tecnici della regione, lo sforzo immane che era stato compiuto per realizzare e rendere operativi gli impianti di monitoragio.

Chi c’era dietro questa regia? L’occasione si rivela propizia per la commissione di collaudo che nel momento in cui si vede respinto il documento più importante che certificava con le annotazioni e raccomandazioni che seguivano l’ultimazione e la buona esecuzione dei lavori, che rendeva funzionale il Sistema di monitoraggio, e  non accolto il saldo di 40.392 euro per l’attività prestata durata anni di impegno professionale a carattere tecnico scientifico e amministrativo si vede costretta a ricorrere IN TRIBUNALE DAVANTI AL GIUDICE CITANDO LA REGIONE SARDEGNA al fine di fare chiarezza su una vicenda sconcertante, dal tentativo maldestro di sabotare e danneggiare il sistema realizzato dopo aver speso 38 miliardi di vecchie lire.

Con ordinanza del febbraio 2012 il Giudice disponeva la CONSULENZA TECNICA al fine di accertare se la relazione di collaudo e il certificato di collaudo fossero stati elaborati in modo corretto e in coerenza con le norme in materia di collaudo.

Il tribunale con la prima sentenza del 20 novembre 2018 condannava la regione Sardegna a pagare a ciascun membro della commissione la somma di 40.392 euro per le prestazioni fornite oltre alle spese di lite liquidate in circa 30.000 euro.

La commissione si è vista costretta ad intraprendere il contenzioso legale non solo per difendere la propria dignità morale e professionale ma anche la credibilità e l’operato della parte sana dell’istituzione regionale, di quella parte che aveva creduto in quel progetto e nella realizzazione di quell’impianto su area vasta e che si era avvalsa della commissione per esercitare il suo ruolo di controllo su una iniziativa gigante costata quel che è costata.

La regione non soddisfatta della lezione ricevuta impugna con i soldi della collettività  in Corte di Appello la sentenza del Tribunale adducendo motivazioni erronee che già avevano prodotto il risultato di condanna.

Dopo attento esame processuale la Suprema Corte di Appello condanna per la seconda volta la Regione Sardegna rigettando il ricorso di appello della regione.

Piccola soddisfazione per la Commissione, sia pure inserita nel riconoscimento dei propri diritti e dell’operato tecnico amministrativo portato a compimento con gli atti di collaudo elaborati con professionalità e rigore scientifico.

Grande rammarico invece che tocca in profondità i sentimenti nel constatare come la Regione Sardegna dalle forti tradizioni innovative si sia fatta suggestionare e guidare da un dirigente tecnico del corpo forestale regionale animato da uno spirito  dispettoso, vendicativo e distruttivo, ideologicamente avverso  ad ogni forma di tecnologia, soprattutto a quella ideata per la prevenzione e lotta agli incendi boschivi, facendosi accompagnare in un percorso giudiziario nel quale ha dovuto subire una sonora condanna, mortificando il modello che la regione stessa aveva costruito per essere utilizzato in una rete telematica modulare e gerarchica a scopo di protezione civile e controllo del territorio per combattere gli incendi boschivi.

Da parte della Giunta regionale e del Servizio tecnico del Corpo forestale, da quello che si apprende, mai una interlocuzione di chiarimento e di rispetto istituzionale sulla vicenda che andava invece ricomposta nell’interesse di tutti, soprattutto nell’interesse della comunità che andava informata su come erano stati spesi quella montagna di soldi predisposti per la Sardegna al fine di tutelare le risorse naturali e forestali.

Non è concepibile che una Giunta regionale e gli organi di controllo come la Corte dei Conti siano rimasti insensibili e indifferenti rispetto ad una tecnologia sofisticata messa in campo per la prevenzione e lotta agli incendi boschivi dai costi evidenziati assistendo impotenti alla sua distruzione per effetto di un atteggiamento rinunciatario carico di pregiudizi se non di malafede, con gravi ripercussioni sull’ambiente e sull’economia locale.

La rinuncia agli impianti realizzati per effetto della mancata applicazione del sistema collaudato che da oltre 10 anni è stato abbandonato unitamente alle vicende contrattuali per la realizzazione degli impianti hanno prodotto, con la complicità degli attori armati nella sinergica azione fraudolenta rivolta ad  annientare l’articolato sistema di  monitoraggio, una sequenza di incendi come da statistica e la distruzione di tutto l’impalcato tecnologico costruito di cui rimangono gli scheletri strutturali costati miliardi di lire.Anche la rete di monitoraggio realizzata dalla Teletron Electronics definitivamente collaudata ed entrata in esercizio dal 1986 al 2004 costata 11 Ml di Euro è stata completamente abbandonata pur avendo ridotto dell’80% le superfici bruciate nelle zone sotto controllo.

Si intravedono rilevanti danni erariali che la CORTE DEI CONTI vorrà approfondire perché non è giusto che alla luce delle sentenze emesse e delle responsabilità individuate paghi sempre la collettività.

Comunicato Stampa Rete Nazionale Basta Incendi

Redazione

Maria Rosaria Voccia

Giornalista, editore e direttore responsabile di www.sevensalerno.it e di www.7network.it. Storico dell'Arte, sono cittadina del mondo, amo la vita, l'arte, il mare, i gatti... Esperta in giornalismo eco ambientale, tecnico di ingegneria naturalistica, autrice del Format Campania in Fiamme: Criticità & Proposte, mi impegno nelle e per le campagne eco ambientaliste perché desidero un mondo migliore, per noi e per i nostri figli. Sono progettista culturale, ideatrice di Format, organizzatrice e curatrice di eventi.

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