E’ stato sottoposto a sequestro dalla Capitaneria di Porto di Salerno, su disposizione della Procura della Repubblica, l’impianto di depurazione di Capaccio-Paestum da cui sarebbero fuoriusciti migliaia di dischetti di plastica (carrier) e spiaggiati su gran parte delle coste del tirreno: dalla Calabria alla Toscana passando per Lazio e Campania.
Le indagini, finalizzate ad accertare la cause della fuoriuscita dei «carrier» e il livello inquinante del fenomeno, proseguono per individuare eventuali responsabilità per le quali si profilerebbe l’accusa di disastro ambientale colposo. È questa, infatti, l’ipotesi di reato formulata dalla procura di Salerno per la vicenda dei dischetti di plastica sbarcati sulle coste della tirreniche nei giorni scorsi.
Il decreto di sequestro a firma del sostituto procuratore Marinella Guglielmotti è stato notificato all’alba di ieri gli uomini della Capitaneria di porto di Salerno. La custodia giudiziaria dell’impianto è stata affidata al sindaco mentre è stato dato mandato ad un perito di fiducia di capire cosa sia accaduto. Si tratta del docente di meccanica razionale presso la Facoltà di ingegneria dell’Università Federico II di Napoli, Paolo Masserotti peraltro custode giudiziario degli impianti sotto sequestro in Costiera Amalfitana.
Ieri mattina il capitano di vascello Giuseppe Menna, comandante della Capitaneria salernitana, ha reso noto nel corso di una conferenza stampa che sono state affidate ad un laboratorio specializzato della Guardia costiera anche le analisi delle acque per verificare il livello di inquinamento prodotto dai dischetti.
A condurre l’operazione, denominata in codice «Carrier» dal nome tecnico di questi filtri, sono stati gli uomini del nucleo speciale d’intervento della Guardia Costiera, coordinato dal reparto ambientale marino incaricato a sua volta di chiarire la vicenda dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti in persona, e quelli del circondario di Agropoli con un pool di ufficiali esperti.
Secondo quanto appurato dagli investigatori nel corso dell’operazione questi filtri sarebbero finiti in mare attraverso il corso del fiume Sele dopo il cedimento strutturale di una vasca dell’impianto di depurazione gestito da una partecipata del Comune. Questi dischetti altri non sarebbero che dei supporti in polietilene, progettati per fornire un’ampia superficie protetta per lo sviluppo del biofilm e condizioni ottimali per la coltura batterica in acqua.
«Nel caso del depuratore di Capaccio ci sono due vasche della capienza di 350 metri cubi ciascuno. Se si considera che per ciascun metro cubo vengono collocati 300mila di questi filtri, si ha ben chiaro che i numeri sono molto elevati» ha detto ieri in conferenza il comandante Menna.
Questi dischetti saranno ora confrontati con quelli raccolti in altre zone della costa italiane per verificare se provengono tutti dal depuratore di Capaccio oppure se si sono verificate fuoriuscite di filtri anche da altri impianti.
Redazione