
Siamo fatti per viaggiare.
L’uomo è da sempre una specie migratoria. Dalla preistoria fino ai nostri giorni, l’uomo ha avvertito il bisogno di prendere il largo, alla scoperta e alla conquista di nuove terre per mutare le proprie condizioni di vita.
Spesso il viaggio si traduce nella ricerca di un rifugio o una dimora, un lavoro in grado di sfamare sé stessi e la propria famiglia.
Per l’immigrato il viaggio diventa una prova di coraggio.
Il viaggio in mare altro non è che una metafora della vita: concepire la nostra esistenza (la barca) come una navigazione, il superamento di mille pericoli e ostacoli in uno spazio minaccioso (il mare aperto) in cui il rischio di naufragare è sempre presente.
La meta può materializzarsi oppure sfuggire vanificando ogni tentativo di raggiungerla.
Ma il viaggio non consiste solo nell’approdo finale.
L’uomo accetta l’attraversamento delle acque e il costante pericolo di naufragio perché mosso e guidato da un sentimento più profondo della paura (la vela rossa abbassata).
Ogni viaggio, per quanto possa incontrare la morte, trova nella speranza di vivere (l’albero) la sua ragion d’essere. (Testo a cura di Francesca Sommino)
Redazione