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Le “nuove” figure sociali

La figura del mediatore non è di nuova creazione. La ritroviamo già in epoche storiche lontane dove la sua immagine era legata alla figura del saggio di comunità, persona in cui si riponeva estrema fiducia e a cui ci si rivolgeva per risolvere i conflitti . Oggi il ruolo attuale del mediatore si distingue notevolmente da questa figura arcaica in quanto, a differenza del saggio del villaggio, si tratta di una figura professionale preparata. Si diventa mediatori, infatti, dopo un lungo periodo di formazione e tirocinio. Bisogna subito precisare che il mediatore non è un terapeuta, né uno psicoterapeuta, anche se, da una buona mediazione, possono derivare effetti anche terapeutici. Oltre alla formazione e preparazione il mediatore deve possedere alcune qualità quali l’umiltà e l’imparzialità, senza le quali ogni intervento risulterebbe a dir poco, vano. Il suo ruolo consiste nel fare da catalizzatore della comunicazione fra le parti scisse dal conflitto, per cui risulta necessario che, fin dal primo incontro, si instauri un rapporto empatico con i soggetti interessati che gli consenta di essere partecipe della sofferenza, senza apparire neutrale, ma neppure troppo coinvolto. Il suo scopo è quello di creare uno spazio per accogliere il conflitto che dia la possibilità alle parti di attuare un confronto libero e scevro da giudizi ed imposizioni. Dopo aver creato uno spazio e riattivato la comunicazione tra le parti, deve gestire il conflitto e consentirne il superamento. L’imparzialità, a differenza della neutralità (che non deve esser presente nella mediazione perché diventa sinonimo di indifferenza), è un elemento fondamentale nella mediazione, in quanto sta ad indicare la capacità del mediatore di rimanere equo ed obiettivo nel trattare i due contendenti alla stessa maniera. Come afferma la Morineau, autrice del saggio ‘Lo spirito della mediazione’: “ lo strumento del mediatore è lo specchio. Il mediatore si pone infatti quale specchio che accoglie le emozioni dei protagonisti per rifletterle”. La mediazione deve rappresentare una crescita, per tutti gli attori coinvolti. Mediare vuol dire mettere le parti in conflitto in contatto comunicativo fra loro, perché se è vero che tutti noi possiamo sbagliare, attraversare momenti di caos interiore, di impasse in cui ci sentiamo indifesi, soli e, proprio per questo, paradossalmente, diventiamo più aggressivi, intolleranti, insofferenti, quindi dicevo se è vero ciò, questo non vuol necessariamente significare che gli episodi di conflittualità non si possano superare ,che da questi non ci si possa distanziare, e che non si possa intraprendere invece un cammino di maggiore apertura e comprensione di noi stessi, dell’altro.

È necessario in primissima istanza prendere atto dell’errore, rendersi coscienti di aver sbagliato, di aver offeso e nuociuto, in una parola responsabilizzarsi di fronte all’accaduto senza nascondersi dietro atteggiamenti autogiustificanti, e quindi sentire in noi vivo il desiderio di riparare. E qui entra in ‘gioco’ il mediatore che, con estrema delicatezza mette in contatto, l’uno di fronte all’altro, come nel caso di mediazione penale minorile, ad esempio, l’autore di reato e la vittima, sullo stesso piano. La gestione dell’incontro tra mediati ha varie funzioni. Deve fare in modo che i due si riconoscano come avversari e non nemici; che vengano messi in condizione di confrontarsi, ma con regole e limiti; che ci sia un ordine simbolico all’interno di questo spazio di comunicazione. Solo in questa maniera possiamo parlare di processo di mediazione. Tutte le volte che c’è un conflitto, si crea un vuoto che circonda le parti in causa e che impedisce ogni comunicazione, un muro. Ogni volta che c’è un conflitto si genera tra gli attori una separazione, una dolorosa separazione. La mediazione può servire da strumento per sollevare le parti in conflitto dalla sofferenza, al fine di evitare che questa diventi cronica. Come afferma la Marineau : “ Essere in conflitto fa parte della vita; non è un bene né un male”. Il conflitto è quello che combattiamo non soltanto con gli altri, ma anche con noi stessi, magari quotidianamente. E’ fondamentale quindi imparare a trasformarlo. La violenza è una forza che alberga in ognuno di noi, purtroppo. Bisogna riconoscerla e sapere che può venire fuori in qualsiasi momento, ogni qual volta si entra in una esperienza oppositiva. L’uomo è solo di fronte al dolore e la sua sofferenza si manifesta attraverso la violenza creando disordine. L’essere umano però è dinamico, in continuo divenire, quindi capace di trasformarsi. Egli non è condannato ad essere violento, distruttivo, ma può cambiare, migliorare. La vera libertà non consiste nel fare una scelta, ma di fare quella che sia giusta. L’uomo deve saper fare ricerca della conoscenza. Come diceva Socrate “ Una vita senza ricerca della conoscenza non vale la pena di essere vissuta”. Il luogo della mediazione è un luogo dove la violenza reciproca si trasforma. La violenza nasce come risposta alla sofferenza individuale e può generare una reazione altrettanto violenta in chi la subisce. La mediazione nasce proprio come luogo per accogliere il disordine individuale e collettivo.

L’incontro tra i due soggetti in conflitto è il quello in cui le parti cacciano fuori tutti i sentimenti perché quello è il loro spazio e il loro tempo, in cui viene ricostruito tutto il rapporto. La mediazione consente alle parti una maggiore responsabilizzazione delle loro azioni, può essere considerato un regolatore sociale dei conflitti e si presta ad essere applicato a diversi campi da quello giudiziario, sociale a quello educativo. In questo caso svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle recidive.

Sonia Sellitto, Pedagogista, Formatore, Councelor

Maria Rosaria Voccia

Giornalista, editore e direttore responsabile di www.sevensalerno.it e di www.7network.it. Storico dell'Arte, sono cittadina del mondo, amo la vita, l'arte, il mare, i gatti... Esperta in giornalismo eco ambientale, tecnico di ingegneria naturalistica, autrice del Format Campania in Fiamme: Criticità & Proposte, mi impegno nelle e per le campagne eco ambientaliste perché desidero un mondo migliore, per noi e per i nostri figli. Sono progettista culturale, ideatrice di Format, organizzatrice e curatrice di eventi.

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