
Nutrivo già non poche perplessità sull’esistenza stessa del Partito Gay, per essere gentili una roba modello corazzata Kotiomkin, per citare l’immortale capolavoro del Rag. Fantozzi.
Incapaci di portare le nostre istanze nei partiti, facciamo un partitino da prefisso telefonico, magari per provare a far peggio dei nostri “cari amici e delle nostre care amiche” del Popolo della famiglia.
Quando poi ho letto la liste dei candidati e delle candidate su Napoli, mi sono accorto di non conoscere nessuno o quasi nessuno, nonostante i miei oltre 10 anni di attivismo in difesa dei diritti civili delle persone LGBT.
Indago un pochino e mi accorgo che, dei 33 candidati/e, solo due sono napoletani, ci sono ben 9 romani, 3 torinesi, un paio di milanesi, altri da Bari, Palermo, Genova, Alessandria, Trieste e persino dalla Svizzera.
Tutti o quasi sconosciuti all’attivismo per la difesa e la tutela dei diritti LGBT.
Ancora più interessante è il gioco delle tre carte o meglio delle quattro, i candidati su Napoli sono pressappoco gli stessi di quelli su Roma, Milano e Torino.
Aderenza al territorio praticamente nulla, aderenza alle battaglie per i diritti civili praticamente inesistente.
Mi chiedo:
1. Perché rischiare di mortificare decenni di lotta per i diritti civili con un bluff clamoroso come questo del partito gay ?
2. Come può un politico stimato e di lungo corso come Antonio Bassolino, tra i primi sindaci d’Italia a salire su un palco di un gay pride (Napoli pride nazionale 1996), a raccattare nella sua coalizione una lista di persone che non hanno alcuna aderenza con il territorio e ancor peggio nessuna aderenza alle battaglie per i diritti civili?
Antonello Sannino